Testo a cura di Marina Bernardo Ciddio
Come sta il tuo corpo? Cosa senti “qui e ora”? Cosa risponderesti se ti ponessi questi due primi semplici quesiti? E ancora, hai mai pensato al tuo corpo come alla tua prima casa?
Ora, ti invito a metterti comoda/o, osserva il tuo respiro, prenditi del tempo.
Non ti chiedo di modificare nulla, ti propongo di aprirti a una breve esperienza.
E ora… osserva… come stai respirando?
Cosa cambia se, dedicando del tempo, osservi il tuo respiro… e soprattutto, come cambia se ti osservi?
Ebbene sì, basta una manciata di secondi per riportarci a casa. Partire dal corpo, sentirlo e ascoltarlo, ci consente di lavorare dalla mente e di ritornare al corpo con una maggiore presenza.
Una foto della scultura di Jaume Piensa, a Bordeaux.
Esercitare la capacità di restare in contatto con il corpo, ci apre alla straordinaria opportunità di ridargli parola. Nelle terapie psicocorporee diamo valore a quanto il corpo ha da comunicarci. Partiamo da lui per prenderci cura, non solo nella dimensione fisico-energetica, bensì anche di quella emotiva, mentale e spirituale.
Tutte le nostre esperienze, i nostri pensieri, le nostre emozioni e sentimenti si riflettono nel nostro corpo, nella nostra struttura corporea, nella nostra postura. Il nostro corpo è lo specchio della nostra vita interiore e riconoscere questo ha un’importanza vitale per ognuno di noi.
Esplorare la nostra prima casa richiede coraggio, dedizione e passione. Coraggio nello scoprire quelle parti di noi che arrancano nella vita e che attraverso le relazioni, alle volte difficili, ci svelano cosa sarebbe opportuno trasformare. Dedizione perché nulla cambia in poco tempo, abbiamo bisogno di un tempo di elaborazione e di assestamento. Passione, non intesa come sofferenza, anche se occorre riconoscere che è per attraversare quella sofferenza che ci mettiamo in cammino, ma perché è grande l’interesse di crescere, di trasformarsi, di fiorire… per vivere pienamente!