a cura di Andrea Di Carlo
Quando da piccola camminava con la madre, “sioretta di periferia”, Lorenza Zambon ha scoperto una volta per tutte cosa fosse e come fare una talea: si allunga la mano e con le unghie del pollice e dell’indice si stacca un rametto. E con questo piccolo gesto si “moltiplica” una pianta.
Da allora di strada (verde) ne ha fatta molta, fino ad arrivare al teatro-natura, alla casa degli alfieri, ai sacchi della spazzatura raccolta su un’Interpoderale piemontese per mostrare al pubblico l’umana natura, ai bulbi piantati per comunicare messaggi di resistenza. A conoscere esempi viventi di pacifica opposizione, come quei sindaci che decidono di porre fine al consumo del territorio, o chi decide a Brugherio di demolire dei garage per costruire un giardino, o come i guerrilla gardener che passano una domenica lanciando bombe di semi o donando aiuole piene di fiori e piante a quartieri tristi e pieni di cemento…
Versione cartacea di un bellissimo spettacolo itinerante, capace di allargare lo sguardo ed illuminare, questo libro è un’esperienza, un racconto verde su come l’uomo, e di conseguenza il pianeta, possa ancora riuscire a trasformarsi in un essere in grado di rispettare ciò che lo circonda. I mille racconti di giardinaggio riuscito, anche quelli piccoli, quotidiani, vicini, donano infatti un certo senso di speranza, quasi una possibilità di redenzione dell’umana specie. Attraverso i semi, piccole astronavi capaci di viaggiare nello spazio e nel tempo (la definizione è di Rosa Camoletto), le piante, gli alberi o semplicemente le erbacce si riappropriano del loro spazio, radicano lì dove l’uomo le aveva dimenticate o ricoperte di cemento. Accostando personalità come Vandana Shiva, Mario Rigoni Stern, Gilles Clement a giardinieri/uomini illuminati meno noti (come Nandino di Antignano), Lorenza Zambon ci dona la lezione più importante: tutti possono agire per cambiare.
Copertina flessibile: 107 pagine
Editore: Ponte alle Grazie (10 aprile 2014)
Collana: Le rose selvatiche
Lingua: Italiano