Il 6 marzo alla Casa Internazionale delle Donne, Reama presenta la rete: 70 “antenne” sparse su tutto il territorio si ritrovano a Roma per presentare i frutti del loro lavoro
Ad Anna il marito dà 30 euro a settimana con cui campare una famiglia con tre figli, ad Alice il marito ha intestato il mutuo della casa. A Sabrina, invece, il compagno ha intestato addirittura l’azienda, ma è la seconda: lui la usa a sua insaputa per compiere operazioni che facciano quadrare i conti della prima, quella principale e, intanto, lei si è indebitata fino al collo. Anna, Alice, Sabrina sono tutte donne vittime di violenza economica, vittime di uomini che le hanno illuse e schiacciate.
“Ci hanno chiamate perché si sono rese conto di essere vittime non solo di violenza psicologica, ma anche di quella economica”. A raccontare le loro storie è Simona Lanzoni, responsabile programmi di Reama – Rete per l’empowerment e l’auto mutuo aiuto, che nasce dall’impegno di Fondazione Pangea Onlus e si sforza di mettere assieme le tante realtà che negli anni hanno collaborato in sinergia per la prevenzione e il contrasto della violenza sulle donne.
In un palazzo dalle pareti spesse che affaccia sulla colorata Piazza Vittorio a Roma, Simona ci fa entrare nel cuore di Reama. La rete trova accoglienza nella sede della Casa dei diritti. La luce entra tiepida dalle finestre alte, nella stanza luminosa di Reama si respira un’aria diversa. È l’aria del riscatto.
“Quello che facciamo è accompagnare le donne in un percorso che le aiuti a uscire dalla violenza, grazie a professioniste, centri antiviolenza e associazioni. Le donne si rivolgono a noi attraverso gli sportelli online o grazie alle antenne, donne che hanno subito violenza in passato e oggi cercano di aiutare le altre”, spiega Simona.
“Le donne si accorgono della violenza soprattutto quando è fisica. Quella economica la vedono poco, la vedono dopo, e quasi sempre è accompagnata dalla violenza psicologica”, racconta ancora Simona. Nessun livido sulla pelle: i segni si vedono nei portafogli e sui conti bancari.
Due sono gli strumenti principali di cui si serve Reama: lo Sportello Antiviolenza online e Mia Economia – Sportello sulla violenza economica. L’idea è quella di aiutare le donne ad aiutarsi: “È necessario che venga da loro, che ci sia la volontà di uscirne”. Per questo Reama, attraverso Mia Economia, aiuta le donne con problemi economici senza prestare né concedere denaro, ma analizzando la situazione debitoria in cui le donne versano e cercando una strada per uscirne.
In alcuni casi Reama si spinge oltre, attivando il servizio di microimpresa. Così la rete aiuta le donne a crearsi un futuro. “Le aiutiamo ad avviare un’impresa, quando sanno dar vita a un modello di impresa e a un business plan, dopo aver superato una serie di step, la aiutiamo con il microcredito”, spiega.
“È la questione di un’autodeterminazione che passa per forza di cose attraverso la questione economica”, spiega ancora Simona. Il denaro diventa un’arma per imporre il controllo e detenere il potere nella relazione da parte dell’uomo. La donna il più delle volte non riconosce di essere di fatto soggiogata perché dà per acquisiti certi meccanismi che la vedono soggetto debole nella coppia, automaticamente anche in materia economica. Per questo la possibilità di avviare un’attività propria significa per le donne autodeterminarsi, liberarsi dall’oppressione, economica e psicologica: “Il riconoscimento della violenza economica arriva soltanto nel momento in cui si guadagna autonomia”.
Questo tipo di violenza trova il suo humus naturale in un mondo in cui le donne, storicamente, sono connesse in maniera malata al denaro. “Nelle relazioni di coppia le donne sono state oggetto di mercificazione, di scambio. Basti pensare a quei matrimoni che venivano fatti per interesse e non per amore. L’autonomia economica delle donne è qualcosa di nuovo nella storia, ma questo non vuol dire amare di meno una persona. È qualcosa che ha a che fare col fatto che le donne per secoli non sono state autonome e ora possono scegliere con chi dividere la loro vita, senza dover dipendere economicamente da qualcuno. E quella della dipendenza dell’amore e dei soldi è un filo che torna e che non è stato ancora elaborato in maniera massiva”.
Quando le donne prendono coscienza della violenza economica, sentono forte la voglia di riscatto: “Si sentono in credito verso la vita. È come se, di fronte alle privazioni subite, sentissero di dover essere risarcite in qualche modo. Come se la loro vita andasse ribilanciata. Il punto vero, però, è che siamo noi donne a dover reagire, senza la volontà non si fa niente”.
Articolo completo:
www.tpi.it/2019/03/05/reama-rete-antiviolenza-donne